martedì 28 febbraio 2012

Del viaggiare in pullman


Viaggiare in pullman sulla lunga distanza mi piace. Se non devo farlo di notte. Mi piace stare vicino al finestrino per guardare fuori o poggiare la testa sul vetro quando m'addormento. Soprattutto mi piace osservare scorrere il paesaggio mentre io me ne sto rannicchiata tra i miei pensieri liberi ad ascoltare la mia musica. 
Il tragitto in pullman diventa il viaggio in sé; le strade che percorro danno significato al movimento. Non si tratta di dislocamenti immediati, che durano lo spazio di poche ore in ambienti asettici e tutti uguali, come gli aerei o gli aeroporti, che all’improvviso mi trovo da un’altra parte, completamente diversa da quella da cui sono partita. Le trasformazioni graduali del paesaggio indicano l’essenza del cambiare luogo; il trascorrere lento del tempo racchiude il senso del passaggio da uno spazio a un altro.
Io non devo far nulla se non lasciarmi condurre; il corpo abbandonato a un fervido osservare, ascoltare, scorrere. Le urgenze del quotidiano vivere lasciano il posto alle necessità della mente, quelle che spesso si agitano nell’inconscio o trovano spazio nei sogni. Mi racconto storie che non ascolterà mai nessun altro all’infuori di me; mi perdo tra le linee e i colori che si snodano oltre il finestrino e mi ritrovo nell’immobilità fittizia di un orizzonte in fuga. 

Nessun commento:

Posta un commento