domenica 9 novembre 2014

Della voce

Ho un udito particolarmente sensibile. Questa condizione mi crea parecchi problemi in una società dove l'inquinamento acustico e la maleducazione sonora sono la regola; dove sopportare suoni indesiderati è fatto ovvio e, se proprio non ci riesci, allora sei una rompiballe e basta. Con buona pace del fatto che le orecchie non hanno niente che assomigli alle palpebre e non posso (NON POSSO!) smettere di sentire a mio piacimento, cosicché certe situazioni si trasformano in vere e proprie torture fisiche e psicologiche.

Il mio udito sensibile mi condiziona anche nelle relazioni interpersonali. 
La voce. Questa serie di suoni straordinari che siamo quasi tutti in grado di emettere per esprimerci, per comunicare, per liberare la mente, per cantare. 
La voce degli altri mi condiziona molto. La consapevolezza di questo condizionamento è recente. E mi ha sorpresa. Se la voce di chi mi parla non mi piace, resto distante. Faccio fatica a concentrarmi su quello che mi si dice. Se non mi piace, perdo interesse anche per chi la possiede, fosse anche la creatura più bella e affascinante del pianeta. 
Ma se mi piace...

Se mi piace davvero.
La voce invade ogni recesso della mente. È una cascata morbida. Mi lascio investire e penetrare dal suono. I sensi si placano. Accade tutto dentro. Nella testa. E nella pancia. Il suono raggiunge il centro del mio sentire. Provo piacere. 

Certe voci sono così belle che me ne innamoro. E m'innamoro.
Certe voci s'adattano al mio paesaggio interiore come un calco invisibile, come la parte mancante.
Certe voci.
E, se una di queste voci s'innamora della mia, allora...
Allora.




sabato 1 novembre 2014

Dell'inesistente

Non esiste. Non esisterà mai.
È un desiderio, un'emozione di carne. 
C'è. Ma non esiste. Non ha passato e, sicuramente, non ha futuro. È un eterno presente. 
Mi abita dentro, annidato tra i pensieri, tra i palpiti del sangue, tra i ricordi. 
È una certezza testarda.
È rabbia trattenuta. 
È attesa senza fine. Senza soddisfazione.

Vorrei potermi sedere di fronte a me stessa per guardarmi negli occhi, senza specchio. 
Vorrei toccare il mio viso come fosse di un'altra; ascoltare la mia voce con le mie orecchie diverse.
Vorrei poter provare a capirmi, fuori da me stessa, ragionare ad alta voce con il mio doppio. Scuotermi, spingermi, prendermi a schiaffi. Stringermi forte. Asciugarmi le lacrime. Accarezzarmi i capelli. Tenermi la mano. 
Altra da me ma sempre io. Io che so. Io che conosco l'indicibile di me. Io che non riesco ad adattarmi. Io che ho deciso di non volermi accontentare più.
Io, intrappolata in un Paese che affonda sempre più nell'inumano. Che mi fa sentire impotente. Che mi fa desiderare la fuga. 
Ma poi non c'è nessun posto dove poter fuggire. La miseria umana è ovunque.
L'unica è chiudersi dentro. Nella propria testa. O restare a respirare il cielo e il mare. Affondare piedi e mani nella terra viva. 
Chiudere gli occhi. Proiettarsi tra le stelle.
Dimenticare. 
E, finalmente, smettere di pensare.



"We want only to live
Only to love and breathe again"