lunedì 8 settembre 2014

Riassunto

I sedili della prima classe erano comodi e spaziosi. Eppure la donna non era seduta al suo posto ma in braccio al suo compagno di viaggio. 
In un primo momento, lei aveva pensato a una coppia in vena di tenerezze ma i due erano semplicemente impegnati in una fitta conversazione che si mescolava alla voce monotona del treno. 
Poi la donna aveva ricevuto una telefonata che era andata avanti per le lunghe ma, per tutto il tempo, era restata seduta in braccio al suo compagno che la osservava, l'ascoltava e basta.
Alla fine della telefonata, la donna si era voltata verso il centro della carrozza (a cui i due davano le spalle) e, mentre riponeva il telefono nella borsa, aveva fatto per alzarsi dalle gambe dell'uomo. Quello, però, cercava di trattenerla. Allora lei gli aveva sussurrato: "Ci stanno guardando!"
Alla fine si erano alzati, si erano guardati un attimo attorno ed erano usciti dallo scompartimento.
Su un taschino della camicia dell'uomo c'era il logo delle FS.

Li aveva tagliati. Era da tanto che non li portava così corti. 
All'inizio, le era sembrata un'ottima decisione. Sentiva la testa leggera. 
Poi, invece, no. 
Per amore del vento. Il vento che le spettinava i capelli. Carezze improvvise sul viso, a nasconderle a tratti lo sguardo. 
Per amore della musica danzata. Quando anche i capelli seguono i movimenti del corpo, il ritmo del sangue.
Per la voluttà di affondare le mani in una nuvola soffice che le infondeva tranquillità. 
L'ondeggiare morbido e vivo delle sue ciocche ricce, disordinate, indomabili era un piacere che aveva dimenticato e che riscopriva con un fremito d'orgoglio.
E più i capelli crescevano, più le sembrava di riconoscersi.

La sorpresa. Negli sguardi e nelle parole. Non se l'aspettavano. No.
Perché ci abbagliano le superfici luminose. Perché i nostri giudizi (o ipotesi di giudizio) si basano su un sistema fitto di stereotipi e luoghi comuni. 
Eppure esistono sul serio persone che sfuggono alle classificazioni. Non sopportano le categorie, le etichette e quelli che parlano con te ma ti dicono "voi" o "quelle/i come te".

Sentirsi dire "Sei bellissima!" per la prima volta nella vita è una cosa strana. Lei sa che non è così. Però c'è qualcuno che la vede così. Fino a quando non cambierà idea improvvisamente, ovvio. Perché il danno è evidente. È una pozza densa e appiccicosa al centro dei pensieri. Risucchia tutto quello che ci si poggia su, come le sabbie mobili.
E poi c'è la paura che le fa puntare forte i piedi per terra per frenare. Frenafrenafrena!

Ciò che è indescrivibile. I canali sensoriali completamente aperti, senza filtri, per accedere ad un livello superiore mai sperimentato prima. Dopo, quello che c'era prima, sembra ordinario. Adesso, quello che sa di poter avere, non le basta mai. Una strana forma di dipendenza. Non se l'aspettava. E non le dispiace. 

Dormicchia. Il treno si ferma. Apre gli occhi. I muri al di là del finestrino sono coperti di graffiti. Legge: "Tanto vi lascerete tutti". Ride. Ride con la leggerezza di una alla quale hanno levato di colpo un macigno dal petto. Il treno riparte. Lei chiude di nuovo gli occhi. 
Sorride.

Stazione di Bisceglie (BA)