mercoledì 19 giugno 2019

Dei punti di riferimento

Placare l'irrequietezza. Trovare la serenità. Ci provo da sempre. Ogni tanto ci riesco. 
Non dura. 
La maggior parte delle volte cerco d'ignorare quella voce che mi pungola da dentro; creo rumore intorno. Ma poi arriva sempre il silenzio e, nel silenzio, non posso far altro se non stare lì ad ascoltarla. 
Quello che mi chiede è di far pace. Con tante cose. Soprattutto mi chiede di far pace con me stessa ma chi ci ha provato sa quanto sia difficile far pace con se stessi. Spesso non basta una vita. 
E poi quella voce mi chiede anche ripetutamente di muovermi, di andare, di staccarmi dal porto sicuro. È la cifra che mi ha sempre contraddistinta, fin da piccola. Lo aveva capito bene mia nonna paterna che mi chiamava zannière, zingara. In passato le davo ascolto con la prontezza dei miei anni giovani. Oggi, prossima al mezzo secolo di vita, oppongo resistenza. Ma, più resisto, più l'irrequietezza aumenta. 
Allora, quando mi sento in trappola e arrabbiata, e mi viene voglia di ruggire come una tigre, sento il bisogno impellente di trovare una sponda, qualcuno che mi ascolti, che mi dica le parole giuste per catalizzare le energie disordinate verso un'unica direzione; quelle parole che sono già dentro di me ma che non riesco a trovare. Ho bisogno di un'amica. (O di un amico.) Ho bisogno di un punto di riferimento.
Ma le amiche (o gli amici) sono esseri umani e, in quanto tali, mutano. O scompaiono. O non sono disponibili. Non possono essere un punto di riferimento. I punti di riferimento devono essere immutabili, coerenti, affidabili. Noi cambiamo, come è giusto che sia. Loro non possono, non devono. 
Nel tempo ne ho trovati diversi. Pochi, a dire il vero, ma abbastanza perché smetta di ruggire. Abbastanza perché mi senta riconosciuta e compresa.
Stamattina ho avuto bisogno di uno di loro. Di un libro. Il mio testo sacro. L'ho tirato fuori dalla mia libreria e ho detto: "Vieni! Ho bisogno di te."
I libri raccontano sempre la stessa storia, con le stesse parole. Eppure noi cambiamo e, ogni volta che li rileggiamo, leggiamo una storia diversa che ci parla sempre nello stesso identico modo. E, finalmente, trovo le parole che mi servono. E mi sento riconosciuta e compresa.


Mentre creiamo, questo essere selvaggio e misterioso ci crea a sua volta, colmandoci di amore. Siamo evocate come le creature sono evocate dal sole e dall'acqua. Siamo rese tanto vive da poter a nostra volta dare vita. Esplodiamo, ci dividiamo e ci moltiplichiamo, ci fecondiamo, coviamo, distribuiamo, doniamo. [...] Quando in un modo o nell'altro la creatività rimane stagnante, il risultato è sempre il medesimo: fame di freschezza, fragilità della fertilità, nessun posto in cui le forme di vita più piccole possano vivere negli interstizi tra le forme di vita più grandi, nessun nutrimento per le idee, nessuna vita nuova. Allora ci sentiamo male e desideriamo allontanarci. [...] Stare con le persone vere che ci riscaldano, che approvano ed esaltano la nostra creatività, è essenziale al flusso della vita creativa. Altrimenti ci congeliamo. [...] Se avete perduto il fuoco, la concentrazione, sedete e state quiete. Prendete l'idea e cullatela. In parte tenetela e in parte buttatela, e si rinnoverà. Non vi occorre null'altro.
~ Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi