martedì 14 febbraio 2012

Di lingue e cultura

Esempio
Svegliarsi alle 5.30 diventa sempre più faticoso. Così in treno cerco di riposare. Chiudo gli occhi, ogni tanto mi addormento. 
Ieri mattina non ci sono riuscita. C'era troppa gente e il tizio che mi si era seduto a fianco puzzava di cipolla e di pessimo dopobarba. 
Soprattutto c'erano quattro studenti universitari, due ragazzi e due ragazze, che ripetevano collettivamente, confusamente e a voce molto alta (in maniera particolare le due ragazze) una qualche materia economica, come se gli altri passeggeri fossero lì per assistere alla loro esibizione mattutina. 
Sono saliti in stazioni differenti e si sono incontrati nel vagone dov'ero io. 
Dopo un po', mi sono arresa e ho tirato fuori il mio iPod per coprire lo schiamazzo fastidioso. Prima, però, ho avuto modo di ascoltare una conversazione decisamente "pregnante" tra le due ragazze. L'ultima a salire in treno si è stupita di trovarci l'amica. A quanto pare, questa ha la patente e, quindi, la possibilità di andare a Bari in auto. La tizia, perciò, non si capacitava del fatto che l'amica avesse preso comunque il treno.
Il brevissimo dialogo si è svolto come segue:
"Ma scusa... tu non hai la patente?"
"Sì."
(con tono esasperato) "E allora!? Ma sei una puttana!"
"Ouh! Non mi rompere i coglioni!" 

Riflessione
Ai miei alunni dico sempre che la lingua (non solo quella inglese, la lingua in genere) è una materia viva e, in quanto viva, muta di continuo. Lo dico perché è vero e perché riflettano sul fatto che non possono imparare una lingua straniera limitandosi solo a svolgere, più o meno diligentemente e più o meno correttamente, gli spesso noiosissimi esercizi di grammatica che trovano nei loro libri scolastici. La lingua, ogni lingua, compresa la nostra, vive le nostre vite e si nutre dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e dei nostri sogni. La lingua va parlata così come la vita va vissuta. Perciò, esattamente come ogni organismo vivente, anche una lingua può ammalarsi e può morire.
La funziona simbolica del linguaggio, la sostituzione, cioè, dell'oggetto con la parola, trovo che sia la componente più affascinante di ogni lingua. 
Lo scrittore fantasy J.R.R. Tolkien considerava le parole lo strumento fondamentale per assicurare la compatteza di una comunità, per capire il mondo naturale e per valicare i limiti del tempo e dello spazio: le parole erano magia. Per Tolkien, la lingua rappresentava il principio di una cultura e non un suo prodotto. Diceva, addirittura, di aver scritto The Lord of the Rings (Il Signore degli Anelli), per dare un mondo alle lingue che aveva creato e non il contrario. In definitiva, erano state le lingue che aveva elaborato a dar vita alla Terra di Mezzo e alle sue storie fantastiche e complesse. 
In fondo, la complessità di una lingua riflette la complessità e la raffinatezza di pensiero di un popolo (o di un individuo) e, quindi, del suo livello culturale. L'ecologista Paul Hawken, a proposito delle popolazioni indigene del pianeta, riporta, nel suo straordinario saggio Blessed Unrest (Una moltitudine inarrestabile, in italiano) che oggi "metà del vocabolario parlato da un ragazzo americano è formato da meno di 40 parole". Per contro, la lingua Yámana (che rischia ormai l'estizione, come il popolo fuegino che la parla) ne conta 61 solo per esprimere la parentela (in inglese ce ne sono 25).
L'antropologo Wade Davis afferma che "a language isn't just a body of vocabulary or a set of grammatical rules. It is a flash of the human spirit, a vehicle through which the soul of a particular culture comes into the material world. And when we lose a language, we lose a vital element of the human dream." [Una lingua non è solo un corpo di parole o un insieme di regole grammaticali. E' un guizzo dello spirito umano, un veicolo attraverso il quale l'anima di una particolare cultura si manifesta nel mondo materiale. E quando perdiamo una lingua, perdiamo un elemento vitale del sogno umano.] 

Conclusione 
Temo che la nostra cultura si sia ammalata e stia morendo di una morte molto triste.


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