martedì 30 aprile 2013

Del volo (parte 2)


Birdy: Do you like pigeons?
Sergeant Al Columbato: What's to like?
Birdy: They fly.
Sergeant Al Columbato: They fly. So what?
Birdy: That's enough.

Questo è stato il primo dialogo tratto da un film che ho imparato a memoria in inglese, quando l'inglese lo studiavo ancora da pochissimo tempo. 
Ero molto giovane quando ho visto per la prima volta Birdy, il film di Alan Parker del 1984. Ne  rimasi affascinata. Naturale, considerato che ho trascorso l'adolescenza con la ferma convinzione di poter volare. (In realtà, non credo di averla mai persa, quella convinzione. Da qualche parte, negli angoli più nascosti della mia coscienza, sono ancora convinta di poterlo fare.) Un giorno ero seduta su un gradino davanti casa, vicino al mio cane. Era estate. Il cielo era di un azzurro meraviglioso. Cominciai a desiderare intensamente di poter volare e a un certo punto mi convinsi di poterlo fare. Mi alzai da terra e cominciai a saltare più in alto che potevo. Ero sicura che se mi fossi staccata a sufficienza dal suolo sarei riuscita a restare sospesa per aria. Ci provai per un po', continuando a spiccare salti con lo sguardo rivolto verso il cielo. La cosa più buffa fu la reazione del mio cane che mi guardava stranito e con le orecchie dritte. 

Birdy era la mia anima gemella. Sarei voluta entrare nella pellicola per dirgli, "Io ti capisco!" e sentirmi, a mia volta, meno sola.
Moltissime sequenze del film di Alan Parker sembravano riproduzioni fedeli dei miei desideri, dei miei sogni ad occhi aperti. La musica di Peter Gabriel la colonna sonora perfetta per i voli sfrenati della mia mente.
Ogni volta che vedevo il film, durante quelle sequenze, il cuore accelerava i battiti, scariche di adrenalina nel sangue. Gli occhi spalancati, smettevo di essere in un solo luogo.

A Londra comprai la videocassetta del film. Poi la locandina del film. Poi il cd della colonna sonora. Poi anche il romanzo da cui è liberamente tratto il film (storia completamente diversa, in fondo, ma complementare a quella del film. Raro caso in cui film e romanzo sono all'altezza l'uno dell'altro).
There is nothing of fright when one flies free. There's only the taste of air and touching nowhere. I see the earth below and it's down the way the sky is up when you look from the ground. Everything is out or away and the play of gravity is like sand.

Stamattina ho rimesso su la colonna sonora del film dopo tanto tempo. E me la sono portata appresso in macchina. E mentre ascoltavo The Rhythm of the Heat è successo che un uccello s'è messo a svolazzarmi davanti al parabrezza come se mi stesse indicando la strada. E io dietro. E, all'improvviso, il volo di Birdy nei ricordi. E di nuovo i brividi e l'eccitazione. 



Birdy: The dream is as real to me now as my waking life. I don't know where one begins and the other ends. I wish I could tell Al, but I'm afraid to. In my dreams, nothing holds me down. Everything's out and away. There's nothing in my life to keep me here anymore. I wish I could die and be born again as a bird.

Adoro quello che la mia mente e la mia immaginazione riescono a fare. Senza, non potrei volare. Senza, non riuscirei a sopportare la mia esistenza. Senza, sarei morta dentro.

sabato 20 aprile 2013

Di un sabato mattina ad aprile

Ho dormito male. Mi sveglio con gli occhi iniettati  di sangue. Il mio fegato implora pietà.
È un brutto periodo. Shit happens, dicono gli inglesi. In questo periodo, la shit mi sta capitando a palate, però. E vivere in questo schifo d'Italia non aiuta di certo.
Devo andare a scuola. 
Collego l'iPod all'autoradio. Devo scegliere la musica da ascoltare ma mi sento profondamente irritata e non riesco a pensare a nulla che mi darebbe un po' di sollievo. 
Scorro velocemente le playlist in memoria. Istintivamente mi fermo su una. Titolo: Italiana. Non ricordo assolutamente cosa ci sia là dentro e non ho tempo di verificare. 
Incuriosita, schiaccio play e parto.
Miiiiiiiiiiii'! Ho beccato quella giusta!

Brano #1
Se telefonando, Mina


Se telefonando 
io potessi dirti addio
ti chiamereeeeeeeeeeeeeeeeeeiiiiiiiiiiii!
[canto pure io]

Distensione - fase numero uno.
Gli angoli della bocca si rilassano.

Brano #2
Acqua e sapone, Stadio



Allora, il testo di questa canzone è pessimo e, quando l'ascolto, mentalmente mi ripeto che è una boiata pazzesca. Però la canzone continua a piacermi e non posso farci niente. Solo, evito di cantarla.

Distensione - fase numero tre
Gli occhi sorridono.

Brano #3 
Ma che freddo fa, Nada


La notte adesso scende
con le sue mani fredde su di me
ma che freddo fa
ma che freddo fa

Distensione - fase numero tre
Comincio a notare il paesaggio oltre i vetri dell'auto.

Brano #4
Nessuno mi può giudicare, Caterina Caselli


Nessuno mi può giudicare 
nemmeno tu

Distensione - fase numero quattro
La fronte corrugata molla un po' la presa mentre elenco mentalmente un po' di persone alle quali potrei cantare questo verso qua.

Brano #5
Sandokan, Oliver Onions


Quando parte questa, mi scappa da ridere. E rido. 
Finalmente la fronte corrugata si distende del tutto. 
Canto a squarciagola.

Corre il sangue 
nelle vene
grande vento 
nella notte calda si alzerà
Sandokàn Sandokàn
giallo il sole la forza mi dà
Sandokàn Sandokàn
dammi forza ogni giorno ogni notte il coraggio verrà

Questa canzone è favolosa! Seriamente. Quasi un preghiera.

Brano #6
Via con me, Paolo Conte


Via, via
vieni via di qui
niente più ti lega a questi luoghi [mi sa che c'hai ragione, Paolo]
neanche questi fiori azzurri

I fiori azzurri, no. Ma c'è quella cosa azzurra laggiù, quella che adesso lambisce l'orizzonte, che mi tiene legata a sé come una mamma gelosa. 
Dove lo trovo un altro mare così? 

Devo trovare un altro mare così.

E poi sono giunta a destinazione.
Off.


venerdì 19 aprile 2013

Del non voler riconoscere l'ovvio

Quand'ero ragazzina mamma mi diceva spesso che ero lo spirito della contraddizione. In realtà, istintivamente facevo la mia buona pratica di pensiero autonomo e stavo lavorando alacremente alla costruzione della mia identità. (Ok, più per contrapposizioni che per similitudini, lo ammetto.) 
Era un esercizio che richiedeva una certa religiosa perseveranza perché desse i suoi frutti. Anche perché molto spesso, a fare i capacchioni, ci si rende antipatici e si resta isolati. Ci si può sentire inadeguati e, nei giorni no, pure sbagliati. 
Di buono c'è che ho finito per sentirmi sempre più libera, leggera e non vincolata a nulla se non a quei pochi principi fondamentali che mi sono data consapevolmente come base etica della mia esistenza. Che è il motivo per il quale non mi riconosco in nessuna religione e in nessun partito. Ed è anche il motivo per il quale, per esempio, non potrei mai servire in un corpo armato. Aborro l'azione compiuta per eseguire un ordine, l'azione non pienamente o per nulla consapevole. Ho deciso definitivamente di dare le dimissioni dall'aeroporto dove lavoravo quando, una volta, un mio superiore mi urlò che non dovevo pensare ma fare solo quello che mi diceva lui. 
Non mi piace essere etichettata, catalogata, incasellata e non mi piace la partigianeria cieca. So sempre da che parte stare ma non difenderò mai l'indifendibile per partito preso o perché "è così che vanno le cose" o perché "è sempre stato così". 
E sono profondamente convinta che rifiutarsi di aprire gli occhi e riconoscere l'ovvio sia una pratica che nuoce gravemente all'umanità intera.


mercoledì 10 aprile 2013

Del galleggiare


I pensieri sono un lago di acqua cheta. 
La superficie del lago è immobile, densa, senza luce. Quello che c'è sotto è invisibile allo sguardo. 
Intorno solo silenzio. Ha la stessa consistenza dell'acqua. 
M'immergo. 
Nuoto piano, spingendomi verso il centro del lago.
Ho perso la faccia da qualche parte o si è dissolta prima che mi concedessi all'abbraccio freddo dell'acqua. Non ho più labbra per sorridere.
Mi fermo al centro del lago. Mi giro sul dorso e mi lascio andare. Chiudo gli occhi. 
La voce dell'acqua è un sussurro confuso nelle orecchie. Non voglio sentire. Non voglio sapere cosa ha da raccontarmi l'acqua. Non voglio vedere cosa c'è sotto la sua superficie. Non voglio capire.
Mi basta sapere che ci sono. Mi basta riuscire a non annegare. 
Ascolto il mio cuore che batte.
Galleggio.

Ph. Bojan Kontrec