venerdì 22 marzo 2013

Delle considerazioni su un venerdì di inizio primavera

Considerazione n. 1
Mi rendo conto che, ormai, confido con molta naturalezza ai miei alunni cose decisamente personali di me e della mia vita. Il fatto bizzarro è che ho la sensazione che loro mi stiano a sentire con più onestà ed empatia di quanto non facciano gli adulti miei coetanei. Loro, i ragazzi, mi ascoltano senza pregiudizi, con curiosità e una punta di divertimento. E poi, spesso, ricambiano, confidandomi qualcosa di loro stessi. Alla fine, semplicemente, dialoghiamo. Sinceramente, onestamente. E quando accade, è sempre bello e, dopo, ho sempre l'impressione che sia successo qualcosa d'importante.

Considerazione n. 2
Credere nei ragazzi. Scommettere su di loro. Rischiare. Incoraggiarli. Far sentire loro che siamo dalla loro parte. E pretendere il meglio che possono dare. Dovrebbero essere imperativi categorici di ogni insegnante. 

Considerazione n. 3
Ultima ora di venerdì. Sole meraviglioso. Aula molto calda. Nella mia classe oggi ci sono 24 alunni. Ne arrivano altri 12 da un'altra classe. Totale: 36 alunni stanchi e insofferenti da coordinare. 
Quando suona la campanella della fine delle lezioni mi sento una scampata a un disastro nucleare. Un unico pensiero: tirare in classe per i capelli un Ministro qualsiasi della (Pubblica!) Istruzione e costringerlo a fare quell'ora di lezione al posto mio. Porta chiusa a chiave. Niente vie di fughe o possibilità di chiedere aiuto. Sia chiaro: i ragazzi (i miei alunni, almeno) sono stati bravi e pazienti, ma chiamare lezione una "cosa" del genere è fin troppo generoso.

Considerazione n. 4
All'orizzonte, una linea netta divide in due un azzurro intenso. Sopra c'è il cielo e sotto il mare. O forse il contrario.

Considerazione n. 5
Della consapevolezza, in alcuni contesti e situazioni, dell'inutilità di cominciare discussioni che non porteranno a niente se non a un palesarsi di conflitti e/o di inconciliabili divergenze di opinione. Meglio tacere e continuare a sorridere.

Considerazione n. 6
Vado a piedi. L'aria è piacevole. Arrivo al porto. C'è un'attività frenetica. La sede della società di canottaggio ha di fronte il mare. Trovo il responsabile. Parliamo. Io vorrei ma non so se ce la faccio. Gli orari non si conciliano con i miei impegni. Nel mare c'è qualche barca. La maggior parte degli atleti sono adolescenti. Ma c'è anche I. che è un po' più grande di me e che mi esorta a fare comunque un tentativo. Lì intorno sono tutti arruffati, energici, ruvidi, frizzanti. Trasmettono vitalità. Immagino (ricordo) il sudore degli allenamenti, la fatica buona, la soddisfazione della pratica. Il responsabile mi spiega qualcosa sulla disciplina, mi dice che è più facile quando si comincia da piccoli. Osserviamo quei "piccoli" che si allenano. Li invidio. Invidio la loro età, le infinite possibilità che ancora hanno, la semplicità con la quale svolgono gli esercizi, la complicità che c'è tra di loro. 
Saluto e torno verso l'auto. Ci risentiremo. 
Cammino piano cercando di scrollarmi di dosso l'inadeguatezza dei miei quarant'anni. Ho i desideri di una ventenne nel corpo sbagliato. 
Poi mi rassereno: Caffé Roma
Entro. 
"Un cono nocciola e fior di latte, per cortesia!"
E l'amarezza scompare in un'apoteosi di dolcezza cremosa che non conosce età.

2 commenti:

  1. Leggo con grande piacere questo post, grazie per condividerli!

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  2. Grazie a te, Silvia! E' bello sapere che c'è chi ha piacere nel leggermi. Dà un senso al mio scrivere. :)
    Inoltre, t'informo che sei la prima che commenta un mio post qui, invece che su facebook. Grande!

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