martedì 13 settembre 2011

Nothing can separate us

Viaggiare è una predisposizione della mente. 
C'è gente che si sposta; viaggia, dice. In realtà, non si muove. La mente resta in uno stato passivo di assimilazione inerte di nuove informazioni sensoriali: viaggio sterile.
E c'è gente che viaggia anche quando il corpo non supera i confini del quotidiano vivere.

E poi c'è la musica.

Bianco e nero. Una donna piange in silenzio. E' bella. L'uomo con il cappello la guarda con occhi intensi. Soffre con lei. La prende per le spalle. Si guardano. Non dicono niente. Non smettono di guardarsi. Li osservo dalla finestra. Dei bambini che si rincorrono per strada ridendo mi distraggono. Bambini d'altri tempi: portano pantaloni corti, scarpe consumate che calpestano la strada polverosa e tasche bucate piene di fantasia. Scompaiono dietro un muro. Li seguo. Volto l'angolo. Dune di sabbia bollente. Il sole è una costellazione di lame di luce sfolgorante. La sabbia mi trattiene. Cado in ginocchio. Fa molto caldo. Guardo in alto. Il cielo è blu. Profondo. Il mare. Creature meravigliose mi nuotano attorno. Fluttuano leggere e mi sfiorano nella loro danza silenziosa. Salgono verso la superficie. Salgo con loro. Affioro. Ghiaccio. Una distesa di ghiaccio che si perde all'orizzonte. Al centro di questo deserto bianco un cancello enorme. Si apre piano. Passo. Un pozzo di roccia umida punta verso il cielo. E' buio qui dentro. La luce è in alto. Odore intenso di muschio e terra bagnata. Mi arrampico. Salto da un spuntone all'altro come se avessi le ali. Il punto di luce si allarga e diventa più brillante. Sono veloce. Sempre più veloce. La luce si fa accecante. Mi copro gli occhi con le mani. Bianco e nero.


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